Lu Frecandò – Le ricette de la Vergara

di Marta
Per la serie le ricette de la Vergara oggi è una mia cara amica e bravissima cuoca, Eleonora da Macerata che ci racconta come preparare lu frecandò, un piatto della tradizione locale. Frecandò: di tutto un po’! Ecco la ricetta, il risultato è assicurato soprattutto se utilizzate le verdure dell’orto contadino…
Contadino contadino scarpe grosse e cervello fino.
Vuoi conoscerne altri di questi proverbi? Leggi qua -> Detti e proverbi su li contadì!

 Ingredienti

Carota

Cipolla

Sedano

3 melanzane

2 patate

2 zucchine

2 peperoni

3/4 pomodori rossi maturi

sale

Peperoncino

Brodo (o acqua)

Olio

Procedimento

  • Soffriggere in una padella carota, cipolla e sedano tritati in olio d’oliva
  • Aggiungere 3 piccole melanzane tagliate a dadini
  • Dopo 5 minuti aggiungere 2 patate tagliate a dadini
  • Dopo altri 5 minuti aggiungere 2 zucchine anch’esse tagliate a dadini e 2 peperoni tagliati a striscioline
  • Dopo ulteriori 5 minuti aggiungere 3/4 pomodori rossi maturi
  • Aggiungere sale e peperoncino q.b. e un bicchiere di acqua o brodo poi  la cottura fino ad ottenere verdure morbide..e buon appetito!

 

frecando

Lu Frecandò

Grazie a Eleonora, amica d’infanzia e ottima Vergara per questa ricetta gustosa e tradizionale, alla quale è dedicata anche una bellissima poesia in dialetto locale…

 

Frecandò

 

L’àgghio domannato a le vinniricole jó ppiazzadell’erbe,

non zapìa gnènde gnisciu’.

L’àgghio domannato a Peppe l’ortola’,

non zapìa gnènde mango issu.

L’àgghio domannato a Joanni’ de lu conde.

Sapìa tutto!e m’ha ditto:

FRECANDÒ significa mescolanza-pastume,

è una parola difficile: Caos.

Checcecapisci chéccecacon quissi ommini che studia le parole.

Per me lu frecandò adè la festa dell’istate,

lu focud’artificiu de li colori e li sapori,

l’invinzio’ de un esserecondendu che cambò tand’anni fà e se chiamava ANDÒ.

Scine, scine, d’istate, dopo ch’hì magnato li peparoli,lu selliru e viùto ‘na goccetta de vi’ bbononon

poli fanne a mmeno: mescolanza, cìa rajiò Joanni’.
Tratta da “Le ricette d’Ermete” di M. Buldorini

 

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